Il progresso della medicina nello studio delle malattie rare.
La sclerosi laterale amiotrofica, più comunemente conosciuta con la sigla di SLA, è una grave malattia degenerativa che colpisce le cellule cerebrali preposte al controllo dei muscoli, compromettendo progressivamente i movimenti della muscolatura volontaria. Si tratta fortunatamente di una malattia rara, con un’incidenza nel nostro paese di circa 2/3 casi su circa 100mila persone. Generalmente si manifesta in soggetti con un’età superiore ai 40 anni, con maggior frequenza negli uomini piuttosto che nelle donne. Come per tutte le malattie rare, anche per quanto riguarda la SLA ancora non si è a conoscenza di quali siano le sue cause, tuttavia, si è ormai a conoscenza che si tratti di una malattia determinata da una concomitanza di fattori.
Nella maggior parte dei casi, questa malattia presenta un esordio piuttosto subdolo e i suoi sintomi al principio possono essere confusi con altro. Nel 75% dei casi la malattia esordisce con un problema ad un arto che con il tempo degenera, coinvolgendo tutto l’apparato muscolare. La progressiva debolezza muscolare ha diverse conseguenze sulla vita quotidiana: gli oggetti cadono spesso dalle mani, si ha difficoltà a camminare, nel lavarsi e nel compiere anche i gesti più semplici. Anche il cambiamento progressivo della voce e della pronuncia rispecchiano la difficoltà nell’utilizzo della lingua. Oltre a presentare dei sintomi al principio piuttosto vaghi, un altro problema nell’individuazione della malattia, sta nel fatto che non esiste al momento alcun test o indagine diagnostica definitiva, nonostante la presenza di segni di danno sia al primo che al secondo motoneurone sia fortemente indicativa. La diagnosi si basa principalmente sulla rilevazione e l’interpretazione dei sintomi da parte del neurologo che decide o meno di approfondire la sua ricerca attraverso test e analisi del sangue e delle urine.
Proprio perchè è una malattia rara e di cui non si conoscono le cause, allo stato attuale non è stata individuata una cura specifica capace di contrastarla. L’unico farmaco specifico che viene utilizzato è il Riluzolo, la cui caratteristica accertata è quella di rallentare la progressione della malattia intervenendo sul metabolismo del glutammato. Gli altri farmaci impiegati sono finalizzati ad alleviare le manifestazioni più eclatanti e dolorose della malattia. Tuttavia, recentemente, grazie ad uno studio dell’Università del North Carolina, si è fatto un ulteriore passo avanti per la scienza, riuscendo ad individuare la molecola killer responsabile di diverse malattie, tra cui la SLA. Si tratta di un aggregato di proteine estremamente instabile, reattivo e dalla struttura tridimensionale, che “avvelena” il sistema nervoso centrale uccidendo i neuroni del movimento in molti pazienti affetti da SLA, portando alla paralisi. I ricercatori hanno scoperto che l’aggregato deriva dall’unione di tre proteine SOD1 attaccate fra loro: il complesso, estremamente instabile e reattivo, si è dimostrato capace di uccidere i neuroni motori coltivati in laboratorio. In pratica, succede che il SOD1 da dimero, ovvero doppia proteina, tende a diventare trimero, ovvero ad aggregare una terza proteina.
Questa nuova forma va ad intossicare direttamente i neuroni del cervello che provvedono alle attività motorie.
Questo studio ha aperto nuove strade anche per approfondire altre malattie neurodegenerative accomunate dalla presenza di aggregati proteici anomali nel cervello umano, come l’Alzheimer. Per i ricercatori questa ricerca rappresenta un punto di svolta verso lo sviluppo di nuovi farmaci in grado di arrestare la formazione di aggregati proteici anomali e quindi la progressione della SLA. Conoscere la forma di queste strutture anomale consentirà agli studiosi di concepire nuovi farmaci che ne blocchino l’azione o, addirittura, ne prevengano la formazione.
Tuttavia, il prof. Mario Sabatelli, Presidente della commissione scientifica dell’Associazione Italiana sclerosi laterale amiotrofica, ricorda che nonostante la scoperta sia importante, ancora rimane molto da approfondire e ancora da scoprire. Al riguardo afferma: “Si tratta di un passo avanti importante per lo studio della malattia ma ora è importante capire come mai la tripla proteina danneggi il motoneurone. Va capito, ad esempio, se intacca il mitocondrio (la riserva energetica della cellula) o il citoplasma (la struttura della cellula). Non è niente più che una nuova informazione, al momento non si apre la strada per nessuna nuova terapia, tuttavia è un’importante tessera per comprendere meglio la SLA”. Nessuna svolta epocale, dunque, almeno per ora. Ma Sabatelli aggiunge: “Una cosa però è certa: conosciamo la malattia da circa 150 anni ma ora, grazie alla ricerca genetica, non passa mese senza nuove informazioni che potranno rivelarsi decisive per sconfiggerla”.